La presenza della Santa, nelle immagini votive della città di Taranto, testimonia probabilmente, tra i diversi domini che si sono susseguiti, il legame avuto con il Salento. Sant’Irene, infatti è stata, dopo la peste del 1466, patrona di Lecce fino al XVII secolo, quando furono posti come protettori della città i santi Oronzo, Giusto e Fortunato.
Le agiografie legate alla sua figura sono diverse, autorevoli fonti di riferimento sono il “Breviarium
Liciense” del Padre gesuita Antonio Beatillo e la “Lecce Sacra” di Giulio Cesare Infantino.
In entrambe le opere ritroviamo il racconto, narrato dalle immagini sacre presenti nei dipinti del Palazzo del Seggio di Lecce più conosciuto come “Il Sedile”, secondo cui Irene fu rinchiusa, a causa della sua bellezza, dal padre Licinio, quando aveva solo sei anni.
Dopo la conversione alla religione cristiana ad opera del vescovo Timoteo, Irene gettò dalla torre, nella
quale era rinchiusa, gli idoli pagani dati dal padre.
Dopo questo rifiuto, Licinio legò la giovane ad un cavallo imbizzarrito che, inaspettatamente si voltò
contro di lui, mordendolo mortalmente; le preghiere di Irene lo fecero risvegliare.
La Santa fu decapitata in quanto continuò a rifiutare il credo e gli idoli della sua religione.