Abbiamo scelto di adottare il “mulino di mezzo” perché rappresenta un tassello fondamentale dell’identità storica e civile della nostra comunità.
Questo mulino, parte di un sistema di sette mulini ad acqua lungo il corso del fiume Follone, come gli altri della media valle del Crati, racconta un passato di operosità, innovazione e legame con il territorio, testimoniando il ruolo cruciale dei monaci cistercensi nello sviluppo agricolo e commerciale della valle. La corrente del fiume Follone scorreva in questa terra, portando con sé le storie di generazioni che avevano vissuto sulle sue rive. L’acqua non era solo un elemento naturale, ma una forza viva, che alimentava i mulini, irrigava i campi, dava sostentamento alle genti. Attorno ai mulini, le voci si intrecciavano: il rumore delle macine, il canto degli uomini e delle donne al lavoro, il ritmo costante del progresso e della fatica. In quei luoghi si respirava una storia fatta di legami profondi tra l’uomo e il suo ambiente, un intreccio di vita e natura che sfidava il tempo. Oggi il “mulino di mezzo” offre l’opportunità a noi, studenti dell’Istituto Professionale per Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera (IPSEOA), di approfondire le tradizioni culinarie della nostra terra legate alla macinazione del grano, ai prodotti locali e alla loro evoluzione nel tempo. Inoltre, il mulino rappresenta, attraverso il suo forte legame con l’ambiente naturale, un esempio di tecnologia preindustriale fondata su soluzioni tecniche sostenibili, che, seppur sviluppate nel passato, posso essere ancora un potenziale per il nostro futuro. Nonostante l’abbandono e il degrado di oggi, il “mulino di mezzo” rappresenta la resilienza della nostra comunità e del territorio, stimolando riflessioni sul recupero e la rinascita di luoghi dimenticati. Attraverso lo studio e la valorizzazione di questo straordinario e, spesso, sconosciuto tesoro, possiamo riscoprire la ricchezza storica e culturale del luogo in cui viviamo, instaurando un legame affettivo con il nostro patrimonio e restituendo ad un monumento dimenticato la sua voce, capace di narrare una storia millenaria e il suo valore per la cittadinanza e il cammino di civiltà. Perché il “mulino di mezzo” della valle Fullone, con il suo lento girare, ci racconta una storia antica di lavoro e speranza. Lì, dove l’acqua scorreva incessante, si intrecciavano i destini di chi aveva dedicato la propria vita a questa terra, perché un paese non è solo un luogo: è memoria, è identità, è il filo invisibile che ci lega al passato. |